HERNO
È da quel cotone del 1948, trattato con olio di ricino degli aerei dismessi dalla guerra, che un giovane Giuseppe Marenzi e sua moglie Alessandra Diana intuiscono la possibilità di farne un’attività. E sin dal principio, con l’urgenza e l’entusiasmo tipici di quel periodo di grande fermento che fu il dopoguerra in Italia, inizia la vocazione di Herno per la sperimentazione e l’innovazione. La convivenza con l’acqua del lago Maggiore e del fiume prende forma e diventa funzionale in giacche e poi cappotti performanti, ben disegnati, di alta fattura come si fa solo in Italia, e anche utili per coprirsi dal freddo e ripararsi dalla pioggia, dal vento del nord e dall’umidità del territorio lacustre. Dopo gli impermeabili, a metà degli anni ’50 arrivano anche i capi da donna, i cappotti in cashmere prodotti in double-face e orditi a mano. Nel 1968 Herno era già oltreoceano ad est, in Giappone, con boutique a Osaka e poi Tokyo. Approda ad ovest negli Usa agli inizi degli ’80. E l’arte della confezione in Herno diventa tanto riconosciuta ed apprezzata da essere richiesta dagli emergenti brand di quegli anni, che divenuti poi famosi, nei ’90 gli affidano la loro produzione. Ed erano i più blasonati tra quelli francesi ed italiani. In Herno qualità e investimenti nei mezzi di produzione sono sempre stati all’avanguardia, il fiore all’occhiello di un’azienda che negli anni 2000 torna ad abbracciare il cambiamento nei processi produttivi con un know-how quasi unico e fortemente Made in Italy.
