K21228W Q13
MARGUERITE STRETCH POLY JERSEY - K-WAY
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K-WAY
I vocabolari italiani registrano la parola (K-way o Kay-way) a partire dai primi anni Ottanta, ma è almeno da quest’anno che il nome commerciale della notissima giacca a vento impermeabile che si richiude dentro una tasca, e si può legare in vita come un marsupio, fa la sua apparizione sulla stampa. Il K-Way era stato creato alcuni anni prima a Parigi, in una piovosa giornata del 1965. Un rivenditore di abiti, Léon-Claude Duhamel, osservando il via vai dei passanti, bagnati nei loro cappotti intrisi di acqua, ha l’idea: creare un impermeabile resistente ma, al tempo stesso, portatile. Detto fatto: nasce il K-Way. Originariamente si chiamava in realtà en-cas (de pluie) [“in caso (di pioggia)]”, scritto en-k, ma nel 1966, per puntare a un mercato internazionale, quel nome era stato tradotto nell’inglese K-Way; e così si sarebbe chiamata anche l’azienda fondata da Duhamel. Leggerissimo, in nylon o pvc, con cappuccio e maniche larghe, il nuovo prodotto ottiene immediatamente un risultato straordinario: 250.000 pezzi venduti solo nel primo anno. L'indumento viene quindi ulteriormente perfezionato e la nuova collezione, presentata nel 1970, è un vero trionfo: il K-Way inizia a essere conosciuto in tutto mondo, e intanto il marchio francese mette in cantiere nuovi prodotti d'abbigliamento, per lo sci come per la nautica. Fedeli ai principi che avevano ispirato Leon-Claude Duhamel, i nuovi K-Way guardano da un lato alle più avanzate tecnologie – sono fabbricati in tessuti sempre più avanzati, come il nylon antistrappo, impermeabile, antivento e traspirante, simile a quello dei palloni aerostatici –, dall’altro ai dettami della moda contemporanea: sdoganati nuovi sgargianti colori (che si aggiungono alle tinte più tradizionali, il blu e il rosso), vengono messi sul mercato modelli sempre più attillati e sofisticati, come i K-Way reversibili in piumino d’oca e quelli in pelliccia che riproducono il manto degli animali (in versione a pelo lungo, corto e rasato). In realtà il mondo della moda si è impadronito del capo d’abbigliamento fin dalla sua prima apparizione; e accanto all’espressione «stile k-Way», utilizzata per riferirsi a indumenti impermeabili, come i pantaloni per motociclisti, ci si è sbizzarriti nel rimetter mano alla giacca antipioggia: dai K-Way da annodare al collo a quelli in poliestere ottenuti riciclando bottiglie di plastica; dagli impermeabili portatili stampati a fiori effetto camouflage, a quelli in crêpe de chine sfumato arcobaleno, al «k-way di Shirò in volpe blu con marsupio foderato d’iguana». Se negli anni la nostra giacca impermeabile è diventata solo uno dei molti prodotti di un’azienda in grado di disegnare un po’ di tutto, dalle linee di valigie agli interni delle automobili (tutti oggetti rigorosamente firmati K-Way), il nome inventato da Duhamel, che ha perso da tempo il valore di marchionimo per passare a indicare qualunque tipo di impermeabile leggero e maneggevole, ha trovato perciò nuova vita e nuove occasioni d'impiego. Allo stesso tempo la giacca antipioggia si è trasformata in un simbolo di libertà e di svago, di vacanza all’aria aperta, al mare o in montagna; diventando l'immagine di un mondo, giovanile e scanzonato, in cui basta mettere una leggera mantellina impermeabile per affrontare gli improvvisi acquazzoni della vita.